
Corsi per narratori: come si sceglie quello giusto?
In un mondo pieno di corsi di lettura espressiva, come scegliere quello giusto per noi?
Oggi ti offro uno spunto di riflessione (e forse un consiglio) per scegliere la formazione più adatta a te, se vuoi frequentare un corso per narratori, lettori di audiolibri e compagnia cantante.
Ti ricordi Karate Kid, Rocky, Flashdance e tutti quei film anni 80 in cui il protagonista doveva vincere delle sfide pazzesche, contro sé stessa o sé stesso principalmente? Non cito Million Dollar Baby perché non finisce benissimo..e non è degli anni 80.
Insomma quei film che quando finivi di vederli ti sentivi tipo dopato, invincibile, che avevi dentro quella voglia di superare ogni limite, ogni ostacolo e arrivare lì, al tuo obiettivo da vincitore, con tutto quel retrogusto di rivalsa sulla vita ingiusta, sui nemici disonesti e via dicendo?
Ecco io da brava insicura cronica, quando mi sono accorta (alla tenera età di 26-27 anni) che volevo cantare, sognavo di trovare l’insegnante che mi facesse sentire così, proprio come in quei film. capito perché ho citato Million Dollar Baby?
Perché sai un po’ c’erano i presupposti: cominciavo tardi, mi dicevo sono vecchia, dove devo andare? tanto sono nata commessa e morirò commessa, però mio fratello mi diceva “Ma hai una bella voce, ma canta, ma provaci, ma insisti, credi nei tuoi sogni” Insomma, gli elementi per il mio film c’erano tutti, eh?
Quindi io mi decido, mi convinco e ci credo tantissimo.
Cioè io ad un certo punto sono certa che lo troverò, troverò il mio sensei, il mio allenatore, il vocal coach che mi farà bere uova crude tutte le mattine e mi farà trascinare tronchi di pino nella neve alta, e io alla fine salirò sul ring e sarò come Christina Aguilera in Fighter!
Trovo una scuola a Cassina de Pecchi, mi presento alla mia prima lezione gasatissima con una pashmina rosso fuoco che racconta tutta la mia determinazione e lui, il mio vocal coach mi guarda negli occhi e mi dice: “Allora, prima regola, io non formo cantanti fighetti quindi via quella sciarpina e non te la voglio più vedere addosso, che ora vi guardate tutti i talent e vi sentite tutti divi a coprirvi il collo”.
Quindi io mi tolgo la pashmina e non la metto più.
Solo che eravamo a settembre. E io ho una malattia autoimmune quindi ho il sistema immunitario di cartapesta. Te l’ho detto che il morbo di Crohn? No? Va beh ne parliamo in un’altra puntata.
Insomma io non voglio essere una cantante fighetta, smetto di portare pashmine e sciarpette…e mi faccio quattro influenze e una laringite nel giro di tre mesi, non riesco a fare le scale per allenare la voce, mi sembra di non capire nulla, penso di non avere la costituzione per essere una cantante e ciaone alle lezioni di canto.
Ovviamente ci sto malissimo: non sarò mai l’eroe delle mie storie, ci rinuncio…voglio dire…Rocky sì che aveva il suo Micky…e poi non s’è ammalato una sola volta in 6 film.
In realtà la mia avventura era solo cominciata (e ti faccio già lo spoiler: non canto come Christina Aguileria): ma da lì a poco mi sarei trasferita e negli anni avrei trovato i miei due insegnanti del cuore: Carmen Cangiano, donna super rock e musicoterapeuta che mi ha passato l’amore per i mantra, e Dino Brentali con cui poi mi sono formata in propedeutica vocale.
Ma perché questa tazza di fatti miei?
Per parlare dell’argomento di oggi, ossia: come trovare la formazione giusta per noi. Perché troppo spesso negli ambiti formativi, capita di non trovare il giusto incastro tra ciò di cui abbiamo bisogno, rispetto al nostro sistema di apprendimento, e ciò che l’insegnante o la scuola ha da darci.
Io avevo bisogno di qualcuno che mi facesse credere in me stessa (ma ho fatto tre anni di psicoterapia e ho risolto senza cantare) e che capisse che non ero lì perché volevo partecipare ad un talent, ma avevo bisogno di conoscere la mia voce per conoscere me stessa. Anche qui, poi ci facciamo una puntata su questa cosa qui.
Ho sentito tante persone scontente del tal corso, della tal scuola, del tale insegnante…tanto quanto conosco diverse persone che si sono convinte di non essere in grado, di non aver talento o capacità.
Non si tratta di talento e di capacità, di insegnante buono o insegnante cattivo, non è un giudizio di merito, non si tratta di guardar fuori, ma dentro. Responsabilizzarci rispetto a ciò che noi cerchiamo. Voglio aiutarti a spostare la prospettiva e riflettere su: come funzioni? qual è il tuo metodo di apprendimento? Ne sei consapevole? Tradotto: di cosa hai bisogno per imparare?
Perché saperlo può fare davvero la differenza.
Ciascuno di noi apprende in maniera diversa, c’è chi è più visivo, chi più uditivo, chi ha bisogno di fare mappe mentali; chi impara di più in un contesto di gruppo o in lezioni frontali e chi invece preferisce un tutoring o libri e lezioni asincrone per poter assimilare i concetti.
Qualcuno ha bisogno di coaching o comunque di una guida per capire il percorso da fare (perché magari la formazione che vuole intraprendere è articolata) mentre altri, ad esempio io in quegli anni, hanno bisogno di insegnanti in grado di aggirare l’ostacolo dell’insicurezza.
Perché io vedevo nero, mi davo addosso al grido di “sono io che non capisco” e non vedevo che quell’insegnante non usava un linguaggio in linea con la mia sensibilità e con le mie necessità.
Carmen con me fece un lavoro di sblocco vocale impressionante, mi tirò fuori un registro di petto che non usavo e neanche sapevo di avere; Dino invece mi aiutò a capire che potevo valutare il percorso per la propedeutica perché io non volevo cantare per fare della musica una professione, volevo usare per conoscermi e il percorso che mi propose era affine al mio modo di ascoltare la voce.
Ma loro sono gli insegnanti che ho avuto la fortuna di trovare perché ho avuto la costanza di cercare finché non ho trovato qualcuno che parlasse la mia lingua: quella del disagio, dell’insicurezza e della sindrome dell’impostore.
Perché quando sai come funzioni, quando sei consapevole di cosa ti serve per imparare, allora sai orientarti meglio nella scelta del corso che vuoi frequentare o dell’insegnante a cui ti vuoi affidare.
Chiariamoci: conoscerti non ti da la garanzia di trovare sempre persone e risorse perfette per te, ma ti da modo di capire quando trovi quelle sbagliate.
Come si fa? Come si capisce se quel corso o quel tutor va bene per noi?
Ecco il gran segreto: fai domande.
Chiedi, scrivi, richiedi programmi e informazioni, valuta di conoscere i tutor se farai formazioni 1:1 e dì loro come funzioni, come impari,, guarda chi sono, cerca informazioni online e recensioni…ma ti prego non ti limitare alle recensioni sui siti della scuola o del corso in questione (è quantomeno ovvio che troverai solo testimonianze di chi si è trovato bene)
E non ti sto dicendo di non fidarti o di diventare pedante (che anche il customer care ad un certo punto la pazienza la finisce) ma ti voglio far capire che se scegli di investire tempo e soldi in una formazione, è lecito che tu voglia capire se quella formazione è giusta per te, e gli unici modi che hai per capirlo sono: o provarla direttamente, o spiegare ciò di cui hai bisogno per valutare se l’offerta sia in linea con le tue esigenze.
Ovviamente questo ragionamento vale anche al contrario: se sei tu il tutor o la persona che tiene il corso, la relazione che si instaura con chi ti sceglie è un fattore chiave, a volte anche per poter dire: guarda, spiegami di cosa hai bisogno (oppure capiscilo) questo corso fa o non fa per te, oppure potremmo lavorare bene insieme o io non la persona giusta(ed evitarsi rogne successive o recensioni poco allineate con l’impegno che ci metti) Serve pazienza, serve ricordare cosa ci porta a voler insegnare o a voler imparare, e serve dialogo.
Perché i concetti di cura, consapevolezza e responsabilità individuale viaggiano in parallerlo, sono validi per entrambe le parti e determinano la qualità del rapporto che si crea.
Poi oh, se uno ha la fortuna di trovare un MIcky nella vita…tanta roba.
Io dopo aver menzionato Flashdance all’inizio, ho in testa in loop Pannofino in Boris 4.
Chissà come sarebbe stato prendere lezioni da Reneé Ferretti?
Va beh, con questa immagine di grande poesia e resilienza in testa, vado a bermi un caffè.