Mi chiamo Valentina Ferraro, sul web ``La Musifavolista``, e mi prendo cura di storie, progetti e persone. Voce Narrante, Account Manager per Progetti Creativi e Customer Care Specialist, lavoro come freelance e questo è il posto migliore per conoscermi.

La Musifavolista > Blog  > Parti dalla voce, il microfono sceglilo dopo

Parti dalla voce, il microfono sceglilo dopo

Quando scegliamo di registrare audiolibri o podcast in home studio, spesso cerchiamo “il microfono giusto” trascurando ciò che sta dietro il microfono: la voce.
Siamo sicuri che non sia meglio partire con un buon corso per usare la voce anziché col microfono power, che tanto poi esalta tutte le imprecisioni?

Scenario: parliamo di parecchi anni fa, sto ancora cantando e mi sono messa in testa di imparare a suonare la chitarra per fare live acustici voce e strumento.

Non avendo mai suonato nulla in vita mia, penso ad un modello base, piccolo, poco impegnativo, classica chitarra da prima media per intenderci, anche perché non so se sono in grado di suonarla o meno.
Il mio compagno dell’epoca è un bravissimo chitarrista, quindi gli chiedo consiglio e lui mi porta in un bel negozio di Bergamo (che non mi paga per dirlo, quindi posso dire che è Daminelli) e, da bravo perfezionista e al grido di “ o le cose si fanno al meglio oppure non si fanno proprio e poi almeno ne prendiamo una che puoi portarti su un palco” mi prende una chitarra superfiga, verde acqua, dettagli in madre perla, manico corto, capotasto basso (almeno, mi sembra si dica capo-tasto) insomma: la sceglie proprio perfetta per me.
Che avendo il Morbo di Crohn ho un corollario di problematiche auto-immuni tra cui una specie di artrite alle dita quindi se provo a fare il barrè sento gli spilli persino nei gomiti. Insomma esco da lì con questa chitarra da gara e mi sento super gasata, già mi vedo a fare acustici nei teatri con la gente che mi lancia le rose… per un po’ provo a suonarla (e ti giuro che ci ho provato davvero) ma…chitarra figa quanto vuoi… io a suonare sono una capra.

Cambio scena: quasi una decina di anni dopo, so vendendo questa chitarra super figa, praticamente nuova (con ancora le bustine di silicone e lo scontrino nelle tasche della custodia) mai usata. Altro che teatri, va va…
Tra le community di audiolibri e podcast che frequento dal 2018, i narratori amatoriali,i narratori wannabe e anche i narratori indipendenti, sono aumentati parecchio negli ultimi due anni e tra le questioni più spinose c’è l’intramontabile “che microfono prendo?” con questa oserei dire spaccatura iniziale tra “quello su Amazon che costa meno” e “assolutamente il  Neumann TLM103”  che per chi non lo sapesse costa oltre i 1000€ (e non è assolutamente il più caro o il migliore)
Quando leggo queste cose penso ad Ariel la chitarra, si chiamava Ariel, credo di essere un po’ animista e finisco col dare un nome a tutte le cose che ho macchine, piante, tazzine da caffè penso a quella chitarra e mi chiedo: perché a volte pensiamo che serva o che basti la strumentazione figa per poter fare un buon lavoro?
Perché anche se registrata con buoni microfoni, ogni tanto sento suonare roba terribile ogni tanto (e non parlo di qualità audio, eh?)

E poi mi dico: se anziché comprare una chitarra figa avessi investito in un corso di chitarra, magari qualche live l’avrei fatto. E non avrei venduto Ariel, che era così bella 
Quindi perché partiamo chiedendoci quale microfono usare anziché chiederci “ma so usare la voce?”

Se hai fatto caso parlo quasi sempre al plurale, perché mi includo negli atteggiamenti meno funzionali di cui parlo e nelle domande che pongo.
Lo dico perché io per prima sono partita nel 2016 con buon microfono (che in realtà usavo per il canto) ma leggevo da schifo. Ne abbiamo già parlato no?
La risposta principale che trovo è che trascuriamo completamente il nostro strumento naturale. Forse lo diamo per scontato perché ci diciamo “parlo da tutta la vita, cosa vuoi che sia leggere a voce alta?”
E qui poi casca l’asino, perché ancora prima della parola, quindi della fonazione, c’è un gesto ancora più scontato sul quale in pochi lavorano: la respirazione.

Quindi, anziché partire dalla strumentazione, se ci rendiamo conto che leggere a voce ci piace, partiamo dalla base: partiamo dalla voce.

La voce è uno strumento musicale.
Le nostre corde vocali rispondo al passaggio dell’aria vibrando e generando suono, comportandosi esattamente come uno strumento musicale, con l’enorme differenza che uno strumento è esterno a noi, impariamo a usarlo toccandolo mentre la voce lavora su un fattore propriocettivo.
Il modo in cui suoniamo la voce dipende da movimenti interni dati da diaframma, laringe, risuonatori ma quei movimenti noi non li vediamo, non li tocchiamo, li sentiamo.
Qui nasce la difficoltà dell’utilizzo dello strumento voce.
E non credere che saper usare la voce interessi solo i cantanti, interessa tutti -di base- ma interessa chiunque voglia utilizzarla a livello professionale.

Quindi la capacità di conoscere e gestire la respirazione diaframmatica, la fonazione, l’articolazione, conoscere il proprio timbro, saper regolare i propri respiri, i propri volumi…conoscere il proprio strumento fa una differenza incredibile quando poi arriviamo di fronte al microfono. Indipendentemente dal modello del microfono.
Anche perché più il microfono è buono e più si sente quando la voce non è usata bene. Chiedi a un qualunque fonico: ti risponderà bestemmiando ma ti dirà la stessa cosa.
Se arrivi da una qualsiasi formazione artistica assonante con teatro o canto hai sicuramente già lavorato con respirazione e voce, ma se stai il narratore o la narratrice e non hai un percorso simile nel tuo background, considera di lavorare prima o parallelamente sul tuo strumento naturale perché ti servirà e farà la differenza vera sulla qualità della tua lettura.
Dove e come ti formi?

Un qualsiasi corso fatto bene sulla lettura espressiva dovrebbe comprendere anche questo tipo di formazione (uso il condizionale perché ho avuto esperienza di diversi corsi e proposte formative che non lo fanno) ma puoi considerare anche qualche lezione di canto oppure un percorso o qualche laboratorio attoriale.
Le nozioni base non sono tantissime, non si tratta di imparare a respirare bensì di conoscere la respirazione, come funziona, come incide sulla fonazione, come allenarla nella maniera più corretta, imparando a sentirla. Poco fa parlavo di propriocezione ma parlo anche di enterocezione, quindi le capacità di sentire cosa accade dentro il nostro corpo, saper individuare quei movimenti della respirazione e della fonazione che ci serve conoscere e riconoscere quando usiamo la voce.

Diversamente dal canto non lavoriamo con una dinamica troppo estesa, difficilmente leggeremo con note molto basse e subito dopo molto alte, ma manterremo un range di note relativamente comodo, però si legge per molto tempo, si leggono frasi lunghe nelle quali il fiato non deve mancare e, in generale, non possiamo leggere in apnea facendo enormi boccate d’ossigeno come le megattere (cioè, si può, però è una fatica enorme ed è poco funzionale)
Si gestiscono volumi e velocità di lettura diverse, tutte cose che entrano nel microfono e finiranno con il condizionare l’esperienza di ascolto anche dopo un editing (perché l’editing fa tanto ma nemmeno Izotope fa i miracoli)

Altra cosa importantissima, conoscere la propria voce e saperla ascolta/sapersi ascoltare è utilissimo per sentire subito le correzioni da fare.
Perché se sai gestire la voce, senti le imprecisioni nel momento stesso in cui le commetti: troppa aria, plosive su Marte, respiri troppo ingombranti dentro le parole o chiusure di parole con note sbagliate.
Una grande restituzione che può arrivarti quando lavori correttamente con la voce è che si senta il cambio voce dal momento in cui stai parlando al momento in cui stai leggendo; un po’ come quando senti parlare un doppiatore durante un’intervista o lo senti parlare vestito sul personaggio che sta doppiando.

Se qualche volta mi fai compagnia nelle live di lettura, nei circle reading o nelle live in academy magari riesco a farti sentire la differenza in maniera diretta, e senti anche quella degli altri. 
Io spero che nessuno si sia offeso o offesa per la velata allusione al gioco di chi ce l’ha più lungo…il microfono, ma è davvero la voce a fare la differenza. Sempre e comunque.

Detto ciò se quello di cui ti ho parlato oggi ti incuriosisce ci sono numerosi, numerossisimi approfondimenti a tema sul blog di mettiamocilavoce.it in cui scrivo anche articoli su voce e lettura.