Mi chiamo Valentina Ferraro, sul web ``La Musifavolista``, e mi prendo cura di storie, progetti e persone. Voce Narrante, Account Manager per Progetti Creativi e Customer Care Specialist, lavoro come freelance e questo è il posto migliore per conoscermi.

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Voce, AI e Meditazione, i punti di rottura

Voce umana, voce artificiale AI e meditazione possono convivere?
Considerata la tecnologia attuale, io ho i miei dubbi e te li espongo in questa puntata: la voce che accompagna, in presenza come in audio, crea un legame basato su fiducia, empatia e unicità; le nostre orecchie sono in grado di dare valore a quel legame?

Hai mai sofferto di insonnia?
Io quando non sono in forma perché il Morbo di Crohn balla (che nel mio immaginario è un velociraptor che vive nel mio intestino e si chiama Blue) quindi quando Blue balla il walzer, per me dormire è veramente…un sogno…
Ecco di recente ho provato un’app che l’algoritmo mi ha prepotentemente proposto per giorni e giorni finchè non ho ceduto alla prova gratuita, molto incuriosita dal fatto che quest’app offrisse una soluzione basata sull’inserimento di un errore di fase nella gestione del suono e nel modo in cui questo viene decodificato dal cervello che, sulla carta, avrebbe dovuto regalarmi un sonno super ristoratore mandano a nanna Tyler Durden, Blue e la Marla che mi porto appresso.
Che tanto quella non dorme mai e fa di me una bruttapersona, come dice la mia amica Chiara, fiera di essere bruttapersona con me.

Insomma in queste 48 ore di fruizione gratuita provo ben tre volte a testare questo prodotto ma in nessuno dei tre casi riesco ad andare ore il 2 minuti di ascolto, alla quarta ci riesco ma col cavolo che funziona: questo perché prima che parta la musica contenente questo errore di fase che dovrebbe mandare il mio cervello e tutti i suoi abitanti in un brodo di giuggiole, c’è una voce che ti guida in pochi minuti di rilassamento guidato.
Peccato che è una voce artificiale di così bassa qualità che a confronto la voce registrata del casello autostradale è Enya.
Ma dico io, ma come si fa a progettare un prodotto che ruota interamente intorno al suono e ai benefici del suono e affidare l’innesco di una fase di relax a un voce sintetica completamente fuori contesto.
Ok che io magari sono un po’ pignola con il fattore voce ma, santo cielo, è un autogol clamoroso: come potrò mai rilassarmi con una voce monotonica, metallica e distante ventimila leghe dal posto felice in cui vorrei addormentarmi?
Non ci siamo, non ci siamo…

Ho aperto con una serie di dettagli che voglio subito subito contestualizzare.
Prima di tutto: non ho ancora una posizione definita a riguardo delle voci generate con IA e la mia osservazione sull’inefficacia della voce sintetica non è un polemica generalista sulla questione ma un’invito a considerare un attimino di più il fattore umano-empatico e relazionale della voce nei contesti di accompagnamento, dove c’è bisogno di fiducia, di autenticità della voce.
Ti avevo promesso un approfondimento della connessione voce e meditazione (e ahimé sono incappata in questa app nel mentre) e ho davvero a cuore questo argomento perché se parliamo di meditazione con la voce allora stiamo parlando di usare attivamente la voce come oggetto di contemplazione, come strumento di indagine interiore e anche come manifestazione sonora del nostro mondo interiore. E questo è un conto.
Ma se parliamo di meditazione guidata, quindi dell’uso della voce per accompagnare altre persone in stati profondo rilassamento, di concentrazione o di alterazione di coscienza, allora stiamo parlando del ruolo chiave del fattore umano nella voce.

Come faccio a non attivarmi se un ruolo di così alta sensibilità viene affidato al caso, e in questo caso ad una macchina?
Forse non è immediato pensarci, ma nel mio periodo formativo sulla meditazione mindfulness, il ruolo della voce è stato ampiamente discusso e chiamato in causa, perché il momento in cui l’altra persona chiude gli occhi e si affida alla voce per entrare in contatto con una forma di ascolto profondo di sé, fa letteralmente un salto nel vuoto.
E la voce che conduce, in quel caso, è una rete.
Perché se mi metto da sola in silenzio ad occhi chiusi a meditare, gestisco io le mie percezioni; ma quando mi lascio condurre dalla voce di qualcun altro, quello che sto facendo, in realtà, è farmi portare. E’ un’esperienza di base e per molte persone vivere quest’esperienza, così fortemente connessa con la fiducia nel fatto che se mi lascerò andare ci sarai tu prendermi, significa affrontare una prova, affrontare le proprie paure, esporre le proprie fragilità.

Quel che viene dato per scontato e che viene trascurato, in questo caso, è il potere emotivo della voce, il legame umano che crea.
L’efficacia della voce nei ruoli di accompagnamento è un qualcosa di cui bisognerebbe parlare più spesso (ampliando un po’ l’argomento ti suggerisco di dare un’occhiata ad Anche Umani di Nicole Smith, un progetto bellissimo sulla comunicazione nelle professioni di cura) e prima che tu mi dia della fricchettona gratuitamente, ti dico subito che non sto parlando solo dell’aspetto psicologico della voce: parlo in maniera molto pragmatica dell’aspetto dell’efficacia dell’uso della voce.
Perché se una cosa non è efficace, se non funziona, non vale…quindi non vende.
Come vedi se si tocca l’argomento portafoglio in 3, 2, 1 si cerca “corso per usare bene la voce” eh?

Nella meditazione non esiste un giusto e uno sbagliato, non c’è la voce che può far fare meditazione e quella che non può farla.
Ma ci sono fattori che possono rendere efficace o meno il modo in cui quella voce accompagna nell’ascolto.
Questi fattori, ad esempio, potrebbero essere voci troppo proiettate, troppo sussurrate o caricaturizzate (ad esempio per cercare di ricreare un’atmosfera mistica); i ritmi gestiti male così come le pause, la melodia di un parlato con troppa dinamica o, viceversa, monotonica.
Vero che c’è un equilibrio tra gusto personale e fattori oggettivi, ma vero anche che molte, troppe persone, non si curano affatto di cosa la voce trasmette e di come lo trasmette.
Questo vale anche per l’audio e, nello specifico, in tutti quei contenuti audio a sfondo meditativo.

Audio corsi o video corsi di meditazione, podcast, meditazioni guidate -magari alcune con le musiche- e ogni tipo di contenuto che abbia finalità di accompagnamento a occhi chiusi, se vuole essere efficace, deve avere un suono curato…a partire dalla voce.
Il 2020 è un anno terrificante per tutti, ci siamo ritrovati a dover imparare ad usare Zoom, Teams; abbiamo usato in maniera incredibile Clubhouse e poi ce lo siamo scordati; abbiamo aperto lo sguardo (anzi le orecchie) al mondo audio, alle possibilità dello streaming, dell’audiolibro, del podcast.
Abbiamo creato migliaia di corsi on-demand, abbiamo visto academy online spuntare come pioppini nel bosco; call, webinar, riunioni online… e sono tutte cose meravigliose perché, senza volerlo, abbiamo finalmente ricontestualizzato l’importanza delle orecchie nel mondo e nel prodotto digitale.

Farlo, per assurdo, ci aiuta a tornare al punto di partenza.
La voce è umana, è una parte indissolubile della nostra identità ed è portatrice sana di empatia.
Se lavoriamo con la voce e con l’altro; se accompagniamo in meditazione o nella relazione d’aiuto, nelle sfumature della nostra voce ci siamo noi, con tutte le nostre emozioni e le nostre intenzioni.
La voce rivela se siamo in ascolto, se siamo assenti, se siamo su noi o sull’altro, se siamo in giudizio, se non siamo sicure di quello che stiamo dicendo o facendo.
La voce racconta se siamo nel rispetto di noi e dell’altro, racconta di come entriamo in relazione, di quanto siamo sincere in quella relazione.

Perciò, per favore, non sottovalutare e non trascurare l’importanza di come la usi quando scegli di assumere il ruolo di facilitatore o facilitatrice perché nella tua voce è racchiusa l’essenza dei tuoi valori, del tuo impegno, della tua capacità di accogliere e della tua professionalità.

Non mi spaventano le voci artificiali, mi spaventa il fatto che le orecchie umane non riescano a cogliere la preziosità delle voci reali.